La pasta, un alimento senza dubbio tra i più amati degli Italiani.
Nel mondo si consuma sempre più pasta, a confermarlo sono i dati IPO (International Pasta Organisation) con una produzione che sfiora i 15 milioni di tonnellate annue, registrando +3% rispetto al trend precedente.
Capofila dei consumatori, ovviamente, non poteva che essere l'Italia, risultando inoltre tra i maggiori produttori, con 3 milioni di tonnellate annue.
Quanta pasta consuma un Italiano all'anno?
Le stime ufficiali registrano 23 Kg procapite/anno, anche se sappiamo che è una cifra che la si supera di gran lunga, in molti casi. Il Bel Paese, conferma il suo primato in maniera indiscutibile, basti pensare che a seguire al secondo posto si trova la Tunisia, con una media di 17Kg procapite/anno.
"Gli italiani ne mangiano in media 5 volte a settimana".
Detto che siamo i maggiori consumatori al mondo di pasta, tutti, o la stragrande maggioranza degli italiani ne mangiano in media circa 5 volte a settimana. Nel Sud e nelle Isole, il 45% degli italiani - soprattutto uomini - mangiano la pasta tutti i giorni. Una percentuale del 46%, non solo la consuma regolarmente, ma la considera come l'alimento preferito, per ragioni di gusto o di salute.
Quanti formati di pasta esistono?
Secondo alcune stime esisterebbero ben 350 forme e tipi di pasta. Anche se i formati che salgono sul podio, in quanto vanno per la maggiore tra i consumatori sono, nell'ordine, primo posto assoluto spaghetti, seguito dalle penne quindi rigatoni arrivando ai fusilli.
Come riconoscere la pasta di qualità?
Si fa presto a dire pasta, porre attenzione ad alcune principali caratteristiche, permette di gustare un prodotto che possa fare davvero la differenza; ma vediamo nel dettaglio a cosa porre più accortezza.
Sono almeno 3 i parametri da tenere in considerazione per una pasta di qualità.
Il primo è la quantità di proteine: il contenuto minimo deve essere 10.5% (11.5% per la pasta di semola integrale). Quando sull’etichetta si trova un valore di proteine del 13.5% vuol dire che è un’ottima semola.
Il secondo elemento è la trafilatura: quella migliore è realizzata con trafile in bronzo.
Poi c’è la temperatura del ciclo di essiccazione, che però spesso non è riportata in etichetta ma è una caratteristica importante se non addirittura fondamentale, perché da essa dipendono le caratteristiche fisiche e quelle nutrizionali della pasta.
Molto dice poi l’acqua di cottura: più è limpida (calcare a parte), meno amido e proteine ha perso la pasta durante il processo di cottura, quindi indice di qualità del prodotto.
Un attenzione particolare, come accennato, va posta al metodo di essiccazione, che spesso è un dato sottovalutato.
Innanzitutto definiamo 3 metodi di essiccazione:
- Ciclo lento a bassa temperatura
(24-72 ore a temperatura non superiore a 40-50°C)
- Alta temperatura
(8-10 ore a temperatura non superiore a 75-80°C
- Altissima temperatura
(3-4 ore a temperature che a volte superano anche i 100 °C)
Ciclo lento a bassa temperatura:
Il ciclo lento a bassa temperatura, è un metodo antico che prevede un ciclo molto lungo di essiccazione. La pasta essiccata in questa modalità mantiene intatte le proprietà nutrizionali e organolettiche del grano. Solo il grano di alta qualità "può permettersi" il ciclo lento a bassa temperatura. Inoltre, quando la semola è di buona qualità, una volta cotta la pasta, il suo amido gelatinizzato sarà trattenuto nel reticolo proteico e la pasta sarà tenace, elastica e non collosa e l’acqua di cottura non risulterà torbida.
Da questo se ne deduce che quando viene indicato sulla confezione che è stata essiccata a ciclo lento a bassa temperatura, siamo certi che stiamo acquistando un prodotto davvero nutriente, molto apprezzabile e gustoso dal punto di vista organolettico.
Ciclo alto ed altissima temperatura:
Essiccazione della pasta ad alta ed altissima temperatura, solitamente è il metodo usato dalla maggior parte dell’industria, perché i tempi di produzione sono molto più veloci e i costi e gli spazi di produzione sono ridotti.
Questo metodo di lavorazione inoltre assicura una “buona riuscita” anche alle paste fatte con grani scadenti, in forza del fatto che il processo di gelatinizzazione degli amidi avviene a partire da 60 °C, quindi la pasta in cottura rimarrà “al dente” per molto tempo, perché quel processo è già avvenuto prima della cottura ed è come se rimanesse bloccato.
Comunemente si associa il “rimanere al dente” alla “buona qualità della pasta”, ma alla luce di quanto abbiamo appena indicato, non è esattamente così! Come già detto, una buona pasta ha un punto esatto di cottura, dopodiché inizia a perdere di consistenza.
Inoltre, anche il contenuto nutritivo e proteico viene danneggiato: a 80 °C le vitamine B1 e B2 diminuiscono del 50%, la lisina e la metionina, determinanti per la digestione, si riducono sensibilmente. Per non parlare di quello che accade alla pasta essiccata alle altissime temperature che, nell’industria, raggiungono anche i 130°C.
Ovviamente si è maggiormente abituati a consumare, sia per praticità d'acquisto sia per risparmi economici, la pasta cosi detta "commerciale", che troviamo facilmente sugli scaffali dei vari supermercati. Ma assicuriamo, senza ombra di dubbio, che una volta assagiati i prodotti con una lavorazione più attenta e qualitativamente più elevata, oltre a percepirne istantaneamente un sapore positivamente diverso, difficilmente si tornerà indietro.
L'attenzione al mangiar bene, che negli utlimi anni fortunatamente ha subito un trend in salita, inducendo il consumatore ad essere più consapevole e responsabile nei riguardi degli acquisti alimentari, ha mostrato una sensibilità maggiore verso i pastifici artigianali permettendo cosi di incrementare la tradizione pastificia, molto importante soprattutto nel nostro bel Paese.
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